martedì 5 aprile 2011

LA MIA EREDITÀ


Sono sorella Teresa Martino, responsabile dell’Opera Fratel Ettore. Per chi non lo conoscesse fratel Ettore era un fratello camilliano che a Milano raccoglieva i poveri più poveri dalla strada.
Per loro ha aperto molte case. I poveri più poveri erano i suoi amici, anzi gli amici del cuore e se li portava sempre in processione con la Madonna in braccio. Era un uomo ed ha affidato a me, una donna,  la sua Opera che è Opera di Dio. Ed oggi è l’8 marzo festa della donna, impossibile ignorare la data e non coglierne le suggestioni e forse anche le provocazioni …

Fratel Ettore diceva e faceva cose che nessuno aveva il coraggio di dire e tanto meno di fare, si spingeva sempre avanti, oltre il buon senso, con la forza e la chiarezza dei profeti, mostrando a tutti lo scandalo dell’amore evangelico. Con lo stesso slancio inesausto ha pensato ai tossicodipendenti, ai malati mentali, agli anziani lungodegenti e senza assistenza, agli alcolisti e tutto questo in un abbandono e in una fiducia in Dio totali.

Di fratel Ettore, fra l’altro, mi stupiva e affascinava il rapporto così evidente, così ostentato, così certo, proprio da figlio innamorato, che aveva con la Vergine Maria. Ne provavo anche un po’ d’invidia e pensavo qualche volta che per lui era più facile nutrire tanto affetto per la Madre di Dio perché era un uomo, e magari per me era più difficoltoso perché ero una donna. Ultimamente ho potuto constatare che avere un rapporto, provato e consapevole, con la Vergine Santissima, è uno dei traguardi della fede matura. Traguardo non solo spirituale, ma umano, che passa anche per una guarigione completa dei rapporti familiari, affinché tu possa pienamente e serenamente, rispettare il comandamento di Dio: - Onora, il padre e la madre –.

Io sono una convertita e devo tutto alla Madonna. Da atea il Signore per mezzo di Maria, mi ha portata direttamente nella Chiesa Cattolica Romana ... per me la Chiesa non può essere altro che la casa dove mi ha messo la Madonna. Parlare della Chiesa e parlare di Maria per me è la stessa cosa; sono loro la mia scuola di vita.

È stata la fede e la conoscenza della Parola di Dio, a darmi non solo  le parole e gli strumenti, ma la forza e il discernimento, per accettarmi profondamente nella mia appartenenza ad un sesso che ancora troppo spesso viene oppresso o ipocritamente esaltato, via via fino all’ultima gigantografia che ci ha sbattute sui muri della città con il posteriore al vento ...

Ed è stato per il mio cammino di fede che ho potuto riconciliarmi con mia madre e con tutte le donne della sua generazione di cui rifiutavo il modello. Quelle donne, mie sorelle, che si sono vissute nella subordinazione al maschio, la limitazione della loro libertà di espressione e movimento, e anche l’imposizione di comportamenti gretti, che le costringevano a vite parallele o immaginarie. Posso finalmente perdonare me stessa per non aver saputo lanciare ponti di misericordia e benevolenza verso di loro, ma alla maniera moderna, aver creduto che la mia emancipazione passasse per l’imitazione del maschio …

Quale donna non ha mai riflettuto sul suo essere nata di sesso femminile? Quale donna non ha mai invidiato la sorte degli uomini? Magari qui nessuna … io invece sì e non solo da bambina, anche oltre i trent’anni. Ricordo che l’ultimo uomo invidiato, in ordine di apparizione nella mia vita, è stato il padre spirituale, piangevo che non ero come lui! Lui mi appariva credibile, posato, equilibrato. Io piangevo di non essere credibile, posato, equilibrato! Già perché questi attributi mi sembravano esistere solo al maschile ... era un po’ un non riuscire a prendermi sul serio e quindi, ad avere stima di me … Mi stride ancora il ricordo di una frase di mio padre che riguardava il mio futuro: lui semplicemente rifiutava di prendere in considerazione l’ipotesi che sua figlia potesse continuare gli studi; non capiva cosa dovessi farmene di una cultura visto che ero una donna … e quella fu l’unica occasione che con mia madre vivemmo una complicità che non c’era mai stata e che mai più si riprodusse ...

Quando Mariapia mi ha chiesto di venire qui oggi mi sono subito ricordata di una frase che fratel Ettore mi ha detto poco prima di morire, con uno di quei sorrisi da santo che si ritrovava: “Che peccato che voi donne, fin’ora, non siete state abbastanza valorizzate!”

… e devo confessare che è grazie a lui se ho sempre trovato la forza di abbassare la testa, mormorando fra i denti un “diavolaccio!”, quando il maschilismo di qualche discorso rischiava di mandarmi per traverso la minestra. Minestra ecclesiale o laica che fosse. E poi mi dicevo, se guerra deve essere, sia! ma nella direzione giusta, senza sbagliare fronte. Perché il fronte nemico non è un uomo, non è l’altra donna, ma il peccato ... È contro quello che dobbiamo lottare, e il campo di battaglia l’abbiamo sempre a portata di mano perché è dentro di noi ...

Vorrei condividere con voi, sinteticamente, l’unicità che ha rappresentato per me il rapporto con fratel Ettore. Fratel Ettore era un religioso e un santo; rispettava il suo voto di castità io credo in modo divino, perché lo rispettava anche nel parlare, nel muoversi, negli sguardi, negli atteggiamenti e quindi anche nel pensiero. Come dire ti comunicava purezza. Nessuna sdolcinatura perché lui era un guerriero; nessun bigottismo o arroccamento di difesa. Un suo confratello in occasione di un omelia, qualche anno fa, ebbe a dire di lui: “Pensa che trionfo, Ettore, tutti siamo venuti da te per ricevere ciò di cui abbiamo più bisogno: amore!”
 … E anch’io, Teresa, ho ricevuto amore da fratel Ettore. 

Fratel Ettore arrivò sul sagrato della chiesa del mio paese con un pulmino travestito da santuario, con tanto di Madonna sul tetto. Io non sapevo chi fosse, poi il Parroco mi informò e mi disse: “Perché non vai a conoscere la sua Opera a Milano?”. Io ci andai e … ci rimasi.
Io e fratel Ettore eravamo completamente diversi. Lui di origini contadine, io terribilmente borghesi. Lui aveva vissuto con 4 sorelle femmine, io con 4 fratelli maschi. Lui convinto e soddisfatto disordinato. Io che anche mentalmente mi sorprendo ad ordinare e organizzare. Lui sempre in partenza, io sempre in arrivo. Lui fuori, io dentro. Lui uomo io donna.

Mi sorprendevo spesso a guardare fratel Ettore con intensità, quasi a contemplarlo. M’incuriosiva. C’erano giorni in cui mi dicevo: questo sì, è proprio un uomo, guarda come è forte, deciso, sa quel che vuole, non perde tempo. Il giorno dopo potevo sorprendermi nel constatare quanto fratel Ettore fosse materno, caldo, avvolgente, ed era sempre la stessa persona.

Ma anche fratel Ettore era incuriosito dalla mia presenza, perché il Signore aveva voluto pormi vicino a lui come una compagna mentre lui, per compagni,  aveva avuto sempre dei maschi. Io ero un aiuto alla pari ed era qualcosa di nuovo per entrambi. Tant’è vero che un giorno al colmo della sorpresa fratel Ettore ebbe a dirmi: “Il Signore deve averti dato il dono della Sapienza per tener testa ad un uomo come me!” Lui semplicemente riteneva che una donna che gli tenesse testa, come minimo, doveva essere stata graziata dal Signore! Comunque era un gran bel apprezzamento e me lo intascai tutta contenta.
La nostra amicizia crebbe con noi negli anni. Dovemmo superare entrambi non pochi pregiudizi, imparare a fidarci e a comunicare. Si contano non poche litigate. Poco prima della sua morte, però, avevamo raggiunto un’intesa come da vecchi, straordinari, commilitoni. Si perché in un’Opera come la nostra si è sempre in prima linea, al fronte, quindi è necessario diventare, prima di tutto, compagni d’armi. Certo armi più spirituali che materiali, ma sempre armi.

Ma la misteriosa comunione che si era stabilita fra noi ho potuto toccarla con mano solo dopo la sua morte.

All’inizio del mio nuovo mandato facevo una cosa piuttosto singolare, anche se comprensibile: lo imitavo. Non l’avevo fatto mentre era vivo, lo facevo ora perché avevo paura. Per smettere di farlo ho dovuto comprendere che se non fossi stata me stessa avrei tradito sia lui, che me, che Dio. Dio mi aveva presa sul serio come donna ed io come donna rischiavo di non prendermi sul serio. E mi sono detta: pensa quanto sappiamo delegittimarci e non contente di farlo su noi stesse, lo facciamo anche sulle altre donne!Non sembra vero ma c’è voluto fede e coraggio. Ed ho fatto una scoperta fantastica: quella che si sarebbe detta un’Opera tutta al maschile, poteva essere pilotata benissimo anche da me, una donna, perché, senza che nulla venisse concertato al tavolino, l’Opera si era modellata sulla comunione che fratel Ettore ed io avevamo vissuto, questa duttilità ne era il frutto …

Allora quando mi è capitato di sentire  padre Francesco de Gasperis commentare la Genesi mi sono sentita confermata in certe intuizioni e anche aspirazioni, e mi sono detta certo che è così! non può essere altrimenti! e oggi ho pensato di parlarvi, come posso,  dello ‘Adam, l’essere fatto di terra, il fangoso, per vedere se a qualcuno la sua storia, fa lo stesso effetto che a me:

Normalmente si sente dire che in principio Dio creò, insieme a tante altre cose, l’uomo.  E con questo si vuole intendere che Dio creò Adamo ed Eva. Giusto? … Però questo dalla Bibbia non risulta. Nel libro della Genesi non è scritto che Dio creò Adamo ed Eva, ma che creò l’Adàm in edizione maschile e femminile.  Come dire esiste un Adàm maschio e un Adàm femmina.
Questo viene ripetuto anche al capitolo 5, quando si dice: “questo è il libro della discendenza di Adàm, nel giorno in cui Dio creò l’essere umano, lo fece a somiglianza di Dio, maschio e femmina li creò, li benedisse e diede loro il nome di Adàm, nel giorno in cui furono creati”.
È importante capire che Eva non è stata creata da Dio. Eva è un nome. Il nome che l’uomo ha dato alla donna dopo il peccato. E il peccato fondamentale della coppia consiste proprio nel fatto che il maschio si è preso per se il nome di Adamo, e ha dato alla donna un altro nome. Come dice la Bibbia, dare il nome ad un altro essere, significa esercitare su di lui un certo dominio. Dopo il peccato la donna diventa possesso dell’uomo, tant’è vero che poi, nel decalogo, si dirà: “non desiderare il bue, l’asino, e la donna del tuo vicino”. Cioè la donna viene messa in serie con le proprietà dell’uomo, e non al fianco come soggetto della creazione ... 
Dunque quando la Bibbia dice che “Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò”, non significa che ogni essere umano è immagine e somiglianza di Dio, ma significa che l’immagine e la somiglianza di Dio si realizza in noi, soltanto quando maschio e femmina sono insieme nella comunione, cioè nell’accoglienza reciproca e nella parità.

Significa anche che Dio non ha sesso, ma la sua immagine sì, ed è composta da due differenze che entrano in comunione. Capite? È fantastico. Ed è la comunione di queste due differenze ad essere feconda, feconda di Famiglie sante, feconda di Opere sante ... 

Quindi non la donna subordinata all’uomo, non la donna che imita l’uomo, ma la donna convinta che il femminile è portatore di un enorme tesoro di senso ...

Qualcuno ha detto che non possiamo privare il mondo dell’immagine di Dio, ed ha ragione. Ecco, con fratel Ettore questa comunione non l’avrò vissuta in pienezza o in ogni momento, ma certo l’ho compresa. E vi assicuro non è un’eredità da poco.